Dipendenza da Google e dalle sue AI Overviews, adozione strategica dell’AI in redazione e distanza crescente con i giovani: sono queste le tre grandi sfide che l’editoria deve affrontare nel 2026.
Google cambia il gioco
Nel 2025 Google ha esteso AI Overviews in oltre 200 Paesi, anche in Europa. Le risposte generate dall’AI compaiono in cima ai risultati di ricerca e spesso evitano che gli utenti clicchino sui link.
Secondo Similarweb, in un solo anno la percentuale di ricerche “zero-click” — cioè senza clic sui siti — è salita dal 56% al 69%. In parallelo, sono aumentati i click provenienti da chatbot come ChatGPT, ma non abbastanza da compensare il calo del traffico da Google.
Per gli editori questo significa una cosa: serve ripensare titoli, contenuti e strategie SEO. Bisogna puntare su temi specifici, articoli originali e formati che portino l’utente a interagire con il brand — come newsletter, community e raccolta di dati di prima parte.
Cookie di terze parti: il dietrofront che non risolve tutto
Dopo anni di rinvii, Google ha abbandonato il piano per eliminare i cookie di terze parti da Chrome. Ha scelto invece di mantenere un sistema basato su user choice e Privacy Sandbox.
Tuttavia, la situazione resta ibrida: gli editori devono comunque rafforzare la raccolta di dati propri e costruire relazioni dirette con i lettori, riducendo la dipendenza dalle piattaforme pubblicitarie esterne.
Fine dell’epoca Facebook-centrica
Il traffico da Facebook verso i siti editoriali è crollato di circa il 50% in un anno, secondo i dataset congiunti Chartbeat/Similarweb. È la conferma che non si può più basare la propria strategia su piattaforme che cambiano direzione da un giorno all’altro.
Oggi è fondamentale diversificare: investire su traffico diretto, newsletter, canali WhatsApp e Telegram, oltre che su strategie di fidelizzazione. Non basta più contare le visualizzazioni: bisogna misurare il tempo speso, la qualità dell’esperienza e la capacità di creare legami duraturi.
L’AI in redazione: opportunità sì, ma con regole chiare
L’intelligenza artificiale può migliorare produttività e qualità del lavoro giornalistico attraverso ricerche, sintesi, suggerimenti SEO e fact-checking. Ma va gestita con trasparenza e regole precise. Grandi nomi come AP e Reuters, ad esempio, concordano sulla definizione di alcuni principi chiave, come tracciabilità e attribuzione delle fonti, dichiarazione chiara quando l’AI è stata utilizzata e controllo umano in ogni fase.
Giovani: dove sono (e come li intercetti)
I giovani non leggono più giornali e guardano sempre meno la TV. Cercano notizie su TikTok, YouTube e Instagram, spesso attraverso creator e podcast.
Secondo lo European Parliamentary Research Service, il 96% dei giovani europei usa Internet ogni giorno e l’84% è attivo sui social. L’ecosistema informativo è ormai interamente digitale e guidato dagli algoritmi.
Un report di Common Sense Media (2025) mostra che oltre il 50% degli adolescenti non si fida delle grandi aziende tecnologiche. Il 64% pensa che non facciano abbastanza per la salute mentale e il 53% dubita della loro etica nell’uso dell’AI. Questo dimostra una contraddizione: i giovani vivono online, ma chiedono trasparenza e fiducia.
Il Parlamento Europeo segnala che molti creator informativi raggiungono oggi più persone dei broadcaster tradizionali. Per i giovani, l’autorevolezza non dipende più solo dal nome di una testata, ma da chi parla con autenticità e in modo vicino alla loro esperienza. C’è poi un altro rischio: secondo uno studio pubblicato su arXiv, gli studenti tendono a usare i motori di ricerca per confermare ciò che già pensano, invece di verificare ciò che è falso. Per questo, il giornalismo deve aiutare a sviluppare un pensiero critico.
Scopri come vincere le sfide dell’editoria digitale
contattaci ora!Infine, la questione emotiva. Un rapporto della Commissione Europea rivela che quasi la metà dei giovani in Europa ha avuto difficoltà psicologiche nell’ultimo anno. L’informazione deve quindi offrire anche strumenti di comprensione: non solo cronaca, ma anche solutions journalism, podcast brevi, newsletter di servizio e format “da salvare”.
Tutto questo porta a una conclusione semplice, ma di impatto. Per un editore, la sfida è stare dove sono i giovani — TikTok, YouTube, Instagram, podcast — e offrire un prodotto serio, verificato e vicino alla loro sensibilità.
Le azioni concrete
Gli editori che seguiamo si stanno muovendo principalmente in queste 3 direzioni:
- Ribilanciare il mix di traffico. Ridurre la dipendenza da Google e Meta, investire su brand search, newsletter e community proprietarie. Monitorare le query dove appaiono le AI Overviews e presidiare i contenuti di nicchia.
- Valorizzare il first-party data. Incrementare registrazioni, abbonamenti e prodotti premium. Sperimentare paywall flessibili e bundle, puntando su valore percepito e utilità.
- Creare prodotti per i giovani. Formati brevi, explainers chiari, podcast video e collaborazioni con creator affidabili. La chiave è la fiducia, costruita con trasparenza e competenza.
Non bastano più le pageview, ma serve guardare a indicatori che misurino la relazione con il pubblico, come ad esempio il tasso di fidelizzazione degli utenti registrati, i tempi medi di lettura per argomento, le condivisioni e la crescita dei dati di prima parte e del traffico diretto. Partire da questi dati aiuta a strutturare la linea editoriale, mantenendo un equilibrio sostenibile tra contenuti, pubblico e ricavi.